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83/87

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116/120

9

XXXXXL

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121/125

 

INIZIO


Sono le fibre disponibili in natura. Dopo il processo di filatura, in cui le fibre sono unite attraverso torsione del filo, i vari fili vengono intrecciati tra loro a formare i tessuti (tessitura).

Le fibre naturali più utilizzate sono il cotone, la seta, il lino, la lana e alcune fibre artificiali e sintetiche.

Le fibre naturali possono essere d’origine vegetale o d’origine animale.

Quelle d’origine vegetale sono: lino - cotone - canapa - juta - cocco - ginestra.

Quelle d’origine animale sono: lana - seta - angora - alpaca - cachemire – vigogna.

FIBRE ARTIFICIALI E SINTETICHE


Le fibre artificiali si ottengono dal trattamento della cellulosa naturale, ricavate dalle piante, che prima è lavorata, poi viene filata come fibra tessile in filo continuo o in fiocco.
Le principali sono: acetato - cupro - viscosa.
Le fibre sintetiche si ottengono per sintesi da idrocarburi; esse sono filabili in filo continuo o in fiocco, sono costituite per lo più da microfibre formate da sottilissimi filamenti.
Le principali sono: poliammide - elastam - poliestere - acriliche.
 

  • La seta è una sostanza secreta dalle ghiandole di alcune specie d’insetti (e in particolare dalla larva del bombice del gelso, detto Baco da Seta) in forma di filamento sottilissimo di bava; sottoposta ad una serie di trattamenti se ne ottiene l’omonima fibra tessile.

    Lavorata originariamente dalla Cina, da dove già nella tarda età greco-romana, la seta era esportata in filo o in tessuto già confezionato, lungo la cosiddetta via della seta, che attraverso l’Asia giungeva a Bisanzio e Alessandria; nell’anno 552 d.C. furono importati in Occidente i bozzoli da due monaci inviati a questo scopo in Cina da Giustiniano, e da allora la bachicoltura si sviluppò anche nel Mediterraneo.

    La seta è la più nobile, la più morbida e la più fine delle fibre naturali; fresca d’estate, calda d’inverno. Le sue caratteristiche principali sono la lucentezza, la leggerezza e la flessibilità.
     

  • Il cotone è una fibra naturale vegetale di cellulosa, frutto della pianta "GOSSYPIUM" il cui fiocco viene raccolto e lavorato per la produzione del filato utilizzato per i tessuti. È una fibra antichissima, i cui reperti più antichi risalgono al 5000 a.C. in Messico, mentre i primi tessuti risalgono intorno al 2300 a.C. ritrovati in Perù; nel vecchio continente l’India era sicuramente il paese che più utilizzava questa fibra.

    Nel 350 a.C. fu diffuso dall’India in Arabia e Grecia, ed in Europa fu portato dagli arabi e saraceni intorno al 1000 d.C.

    Agli inizi del XVIII secolo, negli USA si sviluppò la coltivazione del cotone, fino a diventare oggi il maggiore produttore del mondo. Nel XIX secolo, il cotone fu introdotto in Egitto poiché le condizioni climatiche e di terreno, permettevano di ottenere una fibra più lunga di quella prodotta sino allora.

    Dalla balla di cotone, attraverso il procedimento di filatura, si ottiene il filato utilizzato in ordito e in trama per la costruzione del tessuto.

    Secondo il genere di filatura utilizzato per la produzione del filo, si hanno il CARDATO ed il PETTINATO. Una volta ottenuto il singolo filo, esso può essere RITORTO: si accoppiano mediante torsione due fili singoli, ottenendo così un filato più resistente e tenace. Se il tessuto è fabbricato con filati ritorti sia in ordito sia in trama si ottiene il DOPPIO RITORTO.

    Il cotone più pregiato è quello a fibra lunga (makò): più la fibra è lunga, più il cotone è lucido e resistente.

    Per sua natura il cotone non soffre le alte temperature, assorbe la traspirazione e non irrita la pelle.

    Il cotone egiziano Makò ad oggi viene riconosciuto come il migliore del mondo.
     

  • Il lino è la fibra vegetale più antica del mondo; si ottiene dal tiglio.

    Le prime tracce del lino risalgono a migliaia d’anni fa, quando veniva utilizzato nell’antichità dagli Egizi, che lo usavano come materiale sacro per la tessitura degli abiti e l’avvolgimento delle mummie; si diffuse largamente presso i Greci. I Romani ne estesero l’uso su tutto l’impero fino ai paesi del Nord Europa.

    La migliore qualità del lino viene coltivato in Europa centrale, altri paesi produttori, però di qualità più scadente, sono gli Stati Asiatici.

    Il lino è elegante, fresco, con un’elevata resistenza all’usura ed è, inoltre, sano ed igienico particolarmente adatto per lenzuola, tovaglie, asciugamani, ecc.

    La qualità superiore del lino dell’Europa occidentale sono garantite dal marchio MASTERS OF LINEN.
    Ogni capo realizzato con tessuti MASTERS OF LINEN permette al consumatore un acquisto sicuro, contraddistinto da una serie di garanzie che soddisferanno nel tempo le sue attese.
     

  • La lana è una fibra naturale costituita da sostanza proteica (cheratina), che si ricava dal vello degli ovini o da altri animali; è destinata per lo più alla confezione di filati e tessuti attraverso le operazioni di lavatura, cardatura, filatura, tintura e tessitura.

    I sistemi di filatura della lana danno luogo ai filati cardati o pettinati. Per i cardati si impiegano le lane più corte (che in genere sono anche le più fini). Le lane per filati pettinati sono quelle più lunghe.
    Nessuna fibra può conferire ai tessuti il pregio estetico, la mano morbida e nervosa, il calore della lana e il pregio della non facile infiammabilità.
     

  • L’acciaio è una lega derivante dal ferro ed ha una percentuale di carbonio che non supera l’1.7%. Possiede ottime caratteristiche meccaniche e tecnologiche che ne fanno il materiale più usato nell’industria meccanica. Le qualità dell’acciaio possono essere migliorate aggiungendo alla lega altri componenti in modo da renderlo resistente agli agenti atmosferici che ne provocano l’ossidazione (ruggine). L’inossidabilità è una caratteristica utile quando il materiale non può essere difeso con altri sistemi come la verniciatura o la cromatura. E’ il caso delle nostre pentole e delle nostre posate che si possono conservare inalterate per lungo tempo pur subendo lavaggi quotidiani. L’acciaio inossidabile si ottiene unendo al ferro e al carbonio una certa quantità di altri materiali quali il cromo (18%) e il nichel (10%), da cui il nome che contraddistingue questa diffusissima lega inossidabile, acciaio inox 18/10.
     

  • La pelle è il rivestimento esterno di animali, mammiferi e non, ed è formato da tre strati sovrapposti: l’epidermide, il derma e ipoderma. Lo strato che si usa per trasformare la pelle in cuoio è il derma. Dal punto di vista merceologico le pelli si suddividono in tre grandi categorie; scamosciati, nappe e shearling. Si definiscono scamosciati o anche rovesciate le pelli lavorate dalla loro parte interna, vale a dire dalla parte della carne. Le nappe sono le pelli lavorate dalle parti esterne dell’animale solo dopo averle "slanate" di pelo e di conseguenza la pelle resta liscia. Le pelli di shearling sono agnelli o montoni conciati e lavorati nei due lati lasciando la lana alla pelle, infatti, viene chiamata anche double-face. Per la pelle avere dei difetti è naturale, quindi alcune imperfezioni quali leggere venature, macchie o segni quando non modificano né la resistenza, né la durata, confermano l’origine naturale di questa materia. Queste imperfezioni non si potranno mai eliminare a patto che non si ricorra a processi di lavorazione molto sofisticati che snaturerebbero il prodotto con il conseguente aumento del prezzo.
     

  • La porcellana è il materiale ceramico più pregiato. Essa è di un bianco brillante non solo alla superficie ma anche nell’impasto interno. Pur non essendo trasparente, la porcellana viene definita traslucida, cioè lascia passare la luce; infatti, se mettete una mano dietro un piatto di porcellana controluce, riuscirete a vedere la forma delle vostre dita. Il materiale con cui viene fabbricata la porcellana, ha bisogno di una temperatura di cottura superiore agli altri tipi di ceramiche. E’ molto resistente agli agenti chimici, è dura, impermeabile ai liquidi e ai gas e viene utilizzata prevalentemente per apparecchi igienico-sanitari ed oggetti di pregio.
     

  • Il cristallo è un materiale derivante dal vetro, ma si differenzia da quest’ultimo perché è a base di silicato di piombo. Il cristallo è pesante, sonoro, brillantissimo e molto rifrangente. Il cristallo di Boemia o mezzo cristallo è a base di potassio e le sue qualità sono la lucentezza, la brillantezza e la leggerezza. Il vetro è la base di questi due tipi di cristalli ed è uno dei materiali più comuni e diffusi. La sua diffusione si spiega facilmente qualora si considerino le sue proprietà: è trasparente, viene agevolmente lavorato, non viene attaccato dalla maggior parte degli agenti chimici, non colora e non attacca i cibi conservati, si pulisce con facilità, non assorbe odori, è totalmente impermeabile e il suo costo è abbastanza contenuto. Dalla lavorazione di questo materiale possiamo ottenere tanti tipi di vetro. Tra i tanti abbiamo il vetro comune per bicchieri, lastre per finestre, barattoli, specchi comuni ecc.. Il cristallo di Boemia per servizi da tavola, lampadari, bulbi per termometri ecc.. Il cristallo per oggetti di pregio, servizi da tavola, vetri per ottica ecc.. Il vetro infrangibile per bicchieri, lastre ecc., e gli smalti che si usano per ricoprire porcellane, metalli ed anche altri vetri.

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LAVAGGIO

I capi di biancheria, anche molto pregiati, si lavano necessariamente in acqua, lasciandoli a lungo in ammollo, perché le macchie si ammorbidiscano. Si lavano poi in lavatrice, che è molto più delicata del lavaggio a mano. Per i capi delicati e preziosi è da escludere la centrifuga. Se rimane qualche macchia (e il capo è bianco) si passa uno straccino imbevuto di tre parti di acqua e uno di candeggina sul capo ben bagnato, tamponando per cinque minuti al massimo. Si ripete il lavaggio subito dopo.

PER I MERLETTI: lasciare a lungo in ammollo, lavare a mano, non strizzare, ma avvolgere in un asciugamano e tamponare delicatamente l’eccesso d’acqua. Usare la candeggina con gran prudenza: tamponare appena un attimo e poi risciacquare abbondantemente.

STOFFE ROBUSTE: possono essere lavate a 60°, mentre per quelle sottili è preferibile non superare i 40°.

CAPI STAMPATI: meglio non superare i 40°, per mantenere i colori inalterati nel tempo.

CAPI INGIALLITI: non resta che rimediare con il perborato e l’acqua caldissima (anche 90° per i tessuti bianchi e robusti, non oltre 60° per gli altri). Il perborato cancella anche le macchie vecchie che tendono a "rifiorire" nei capi lasciati troppo a lungo nel cassetto. Per evitare l’ingiallimento, in ogni modo, è molto semplice: usate tutti i vostri a rotazione almeno un paio di volte l’anno e resteranno sempre freschi.
 

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Quando il capo non è bianco la candeggina è sconsigliabile. Meglio provare con rimedi classici e "trucchi" delle nonne…

Mettere il capo in ammollo il prima possibile: tutte le macchie si possono eliminare, mentre diventa molto più difficile quando si sono asciugate. Se si usano smacchiatori chimici specializzati è bene fare una prova in un angolo, per saggiare la reazione del tessuto e del colore.
 

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STRIATURE DA FERRO DA STIRO: acqua ossigenata, eventualmente aggiunta con un po’ d’ammoniaca.

BIBITE: eliminare con acqua tiepida la componente zuccherina ed intervenire con alcool sui residui.

CACAO - CIOCCOLATO: per macchie fresche usare acqua molto calda, mentre per macchie secche, ammorbidire con glicerina e sciacquare con acqua e alcool mescolati.

CAFFE’ - THE’: ammorbidire la macchia se necessario con glicerina, quindi lavare con acqua tiepida addizionata ad un po’ di ammoniaca.

CERA DI CANDELA: mettere il tessuto tra due fogli di carta assorbente e stirare. Il residuo si pulisce con trementina o benzina.

ERBA - FIORI: due parti d’alcool ed uno d’ammoniaca, strofinando leggermente con una pezzuola.

GRASSO: strofinare con pasta prelavaggio e far agire qualche ora.

LATTE - PANNA - GELATO: lavare in giornata, senza lasciare che la macchia si secchi. Se succede, provare con ammoniaca (diluita in acqua per tessuti delicati).

MUFFA: ammollo di 24 ore e successivo lavaggio.

SUGO: la pura macchia di pomodoro, senza grassi, si toglie con acqua e ammoniaca,il grasso in ogni modo si scioglie in acqua e sapone. Se una macchia è vecchia si tratta come quelle delle erbe.

UOVO:
acqua e sapone.

VINO - FRUTTA:
se non si può candeggiare, strofinare la macchia con sale e limone, ma soprattutto intervenire con un lavaggio nella giornata.

ZUCCHERO - LIQUORI: acqua e sapone (e molta pazienza se la macchia è vecchia, perché è necessario un lungo ammollo).
 

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Un corretto lavaggio in lavatrice senza centrifuga è la premessa per una facile stiratura. Questo particolare è importante per le tovaglie che hanno bisogno di una stiratura impeccabile per sembrare sempre come nuove.

Dopo aver estratto il capo dalla lavatrice, si lascerà sgocciolare il più possibile steso per qualche decina di minuti, un’ora al massimo. Le tovaglie vanno stirate completamente stese ed aperte, senza piegarle, finché non sono completamente asciutte. In questo modo il vapore non serve mentre può essere utile un po’ d’appretto spray alla fine, soprattutto per i tessuti di cotone.

Lino, misto lino, organdis devono essere stirati bagnatissimi per ottenere buoni risultati. Gli altri capi lenzuola, asciugamani e centri possono essere anche solo umidi, ma in questo caso è necessario il vapore. Tutti i capi si stirano tassativamente dal rovescio perché il tessuto non diventi lucido e perché le spugne mantengano morbidezza.
 

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La biancheria non si può profumare col profumo, che la macchia ed è inadatto. La lavanda è perfetta per lenzuola e asciugamani ma per le tovaglie non va assolutamente bene. Meglio qualche antica ricetta realizzata con spezie ed aromi utilizzati anche in cucina, come il cardamomo o le bucce secche d’agrumi, per una biancheria raffinata anche nel suo tenue e "appetitoso" profumo.
 

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Attrezzare l’armadio (o gli scaffali destinati alla biancheria) andranno foderati di carta, preferibilmente lavabile, in modo da mantenere facilmente la più rigorosa pulizia.

La biancheria deve essere opportunamente divisa: tavola, bagno, letto.

Si divideranno anche i capi di maggior utilizzo da quelli destinati ad occasioni speciali.

I capi usati poco frequentemente possono essere possono essere avvolti in carta velina, per proteggerli dalla polvere e dall’ingiallimento.
 

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I tovaglioli di una stessa tovaglia vanno usati tutti a rotazione, per non trovarsi, dopo qualche tempo, con un mix di pezzi vecchi e nuovi.

Un trucco è di riporre i tovaglioli appena lavati di sotto alla pila, in modo da non usare sempre gli stessi. I tovaglioli di un servizio che si usa raramente, vanno in ogni caso lavati tutti (anche quelli non usati) per mantenere il completo sempre fresco.
 

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Non esistono delle regole universali in quanto il trattamento dipende molto dalla qualità delle pelli, dalle loro caratteristiche e dal modo in cui l’operazione di pulitura viene effettuata. In linea di massima, poiché la pelle subisce dei trattamenti con sostanze chimiche diverse per essere tinta e rifinita, l’uso casalingo di smacchiatori e pulitori è sconsigliabile in quanto si possono verificare reazioni che rovinerebbero il capo. Per un leggero sporco di unto, nelle pelli scamosciate è possibile intervenire con della gomma para o finissima carta-vetro. Nel caso di pioggia è consigliabile lasciarlo asciugare lontano da fonti di calore, almeno per una giornata, e poi spazzolarlo accuratamente. Per i capi in nappa e per i montoni, effettuare la stessa operazione ma spazzolarlo con un panno asciutto e pulito. Mentre, per puliture di una certa importanza si consiglia di rivolgersi esclusivamente a ditte effettivamente specializzate nel lavaggio e nella pulitura, ed infine per un’ottima conservazione si consiglia di non riporre il capo sotto una copertura in nylon, ma in sacchi di tela e possibilmente a temperatura ambiente.
 

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Ciascun pezzo è costruito con il miglior acciaio inox, materiale che soddisfa al massimo le esigenze di durata, di lucidatura inalterabile e di facile pulizia. Alcune "regolette" da seguire per esaltare tutte queste qualità: tenete la fiamma limitata al fondo rinforzato; mettete il sale a caldo, vale a dire quando l’acqua è bollente, così non intaccherete l’acciaio; alcune cotture lasciano una venatura bluastra sulle vostre pentole, quindi passatele allora con aceto o succo di limone.
 

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  • Il primo lavaggio: prima dell’uso vi consigliamo di lavare tutti gli elementi con acqua calda e sapone, risciacquare sempre con acqua calda, asciugate e ripassate una pezzuola imbevuta di aceto e risciacquate nuovamente con acqua calda.
     

  • La manutenzione: ricordatevi di non utilizzare spazzole di metallo, coltelli o altri abrasivi poiché potrebbe rovinarsi la lucentezza dell’acciaio. Per rimuovere le incrostazioni utilizzare unicamente spugne di tipo sintetico.

Consigliamo il lavaggio subito dopo l’uso oppure, se effettuato in seguito, riempite l’elemento di cottura di acqua e portatela ad ebollizione unitamente ad un po’ di detersivo. I residui si distaccheranno da soli.

Le macchie bianche dovute all’acqua molto calcarea possono essere facilmente tolte utilizzando qualche goccia di aceto o limone.

Attenzione a non versare dell’acqua fredda sugli elementi bollenti, inoltre la fiamma non deve in nessun caso oltrepassare il fondo della casseruola poiché la maniglie sono molto resistenti al calore ma non alla fiamma diretta.

Grande risparmio nella cucina tradizionale

Le nostre pentole garantiscono qualsiasi tipo di cottura e su qualsiasi fonte di calore perché è possibile ridurre al minimo la fiamma in quanto il fondo ad accumulazione termica consente la distribuzione della temperatura uniformemente e con un grande risparmio energetico.

Ricordiamo che un eccesso di condimenti, pur dando grande soddisfazione al palato, può risultare dannoso alla salute ed alla "linea".

Pertanto con i nostri elementi di cottura sono possibili anche altri tipi di cottura dietetica, mantenendo o addirittura arricchendo il sapore dei cibi, consentendo un’alimentazione più equilibrata e salutare.

Per qualsiasi tipo di cottura è buona norma non surriscaldare mai i cibi, per non distruggere il loro contenuto vitaminico, pertanto bisogna tenere la fiamma bassa e badare che la stessa non fuoriesca dal fondo dell’elemento di cottura.

La cottura dietetica

Per cucinare in modo corretto la tecnologia ci è venuta in aiuto progettando e costruendo un nuovo sistema di cottura che risponde al nome di: cottura senz’acqua e senza grassi.

Senz’acqua

Cucinare senza l’aggiunta di acqua significa utilizzare tutta l’umidità naturale contenuta negli alimenti.

È evidente quindi che la cottura senz’acqua è indicata per le verdure fresche come i cavolfiori, la cicoria, gli spinaci ecc.

Occorre pertanto mettere la verdura lavata e mondata in una pentola fredda, facendo attenzione a non riempirla oltre i 2/3 della sua capienza, coprite e mettetela sulla fonte di calore badando che quest’ultima non superi il fondo della pentola stessa.

Controllare dopo circa cinque minuti la temperatura nel seguente modo: appoggiate il palmo della mano sul coperchio e quando sarà caldo al punto da non poterlo tenere appoggiato, abbassate la fonte di calore al minimo e continuate la cottura per il tempo necessario.

Non bisogna disperdere il vapore contenuto nella pentola alzando ripetutamente il coperchio durante la cottura. Se questo risultasse necessario occorre reintegrare l’umidità fuoriuscita aggiungendo uno o due cucchiai di acqua calda.

È importante ricordare che la cottura senza l’aggiunta d’acqua permette di conservare integralmente il contenuto nutritivo ed aromatico dei cibi, pertanto il sale da cucina andrà aggiunto con molta parsimonia. Bisogna ugualmente ricordare che il sale estrae l’umidità dagli alimenti, ragione per cui è preferibile salare prima se si desidera la formazione di una salsina sul fondo della pentola, oppure a cottura ultimata se si desidera che il cibo mantenga in se l’umidità naturale.

Senza grassi

Cucinare senza grassi significa sfruttare le parti di grasso che normalmente si trovano in ogni tipo di carne senza ricorrere all’aggiunta di altro condimento.

Mettere la pentola vuota sul fuoco completa di coperchio, lasciarla scaldare a fuoco moderato facendo attenzione che la fonte di calore non superi la dimensione del fondo.

Dopo quattro minuti circa controllare la temperatura lasciando cadere alcune gocce d’acqua sul fondo della pentola. Se le gocce frusciando si dividono in tante goccioline significa che la pentola è pronta per la cottura.

A questo punto mettere il pezzo di carne nella pentola, normalmente a primo contatto con il fondo caldo la carne tenderà ad attaccarsi: lasciatela arrostire così senza cercare di staccarla con la forchetta, dopo due o tre minuti si staccherà facilmente e si potrà rosolarla dagli altri lati.

A rosolatura effettuata, coprite la pentola e riducete al minimo la fonte di calore proseguendo la cottura per il tempo necessario.

Bisogna sapere che il contatto con il fondo della pentola provoca alla carne la chiusura dei pori superficiali evitando la perdita dei succhi che così rimangono imprigionati all’interno della medesima.

È importante ricordare che il sale toglie l’umidità dai cibi, è quindi opportuno salare prima se si vuole ottenere la formazione di un sughetto sul fondo della pentola oppure a fine cottura se vogliamo che i succhi rimangano all’interno della carne.

Per alimenti particolarmente teneri e sottili, dopo aver rosolato, è possibile procedere a fuoco spento poiché il fondo ad accumulo termico continuerà a diffondere un calore sufficiente per il termine della cottura.

La carne congelata non ha bisogno di essere decongelata prima della cottura.

La cottura a vapore


È particolarmente indicata per cucinare delicatamente gli alimenti poveri di grassi, come pesci ed alcune varietà di carni, e per legumi, patate, cereali, verdure tenere ecc.

Per questo tipo di cottura la conduzione del calore è data dal vapore generato da un liquido in ebollizione (acqua o brodo) oppure da una pietanza che è in cottura.

Gli elementi di cottura da utilizzare, per trasformare le vostre pentole in vere e proprie "couscoussiers", possono essere:

•Una casseruola, una griglia e una campana;

•Una casseruola, il colacuoci ed un coperchio;

•La casseruola ovale, la relativa griglia e la campana.

La scelta della combinazione più adatta dipende dalla dimensione e dalla quantità di cibo da cuocere.

L’esecuzione della cottura a vapore è molto semplice. Sia per le carni che per i pesci, potete pertanto procedere nel seguente modo: ponete nella casseruola un liquido da portare ad ebollizione, aromatizzato e condito secondo ricetta; inserite in seguito la griglia per la cottura a vapore sulla quale potrete disporre di un fondo di erbe aromatiche o di legumi (per i pesci potrete usare erba cipollina, cerfoglio, dragoncello, prezzemolo o alghe e per le carni carote, prezzemolo sedano o finocchi che poi servirete come contorno).

Ad ebollizione iniziata disponete il trancio di pesce o il pezzo di carne salati, coprite usando la copertura appropriata e portate a cottura.

Il tempo varia dai 15 minuti per la cottura di un’aragosta ai 40 minuti per il pollo. Per cuocere le verdure coprite il fondo della casseruola con acqua o brodo che porterete ad ebollizione, quindi inserite la griglia o il cuocivapore con le verdure mondate e ben lavate, coprite e lasciate cuocere il tempo necessario.

Nel caso di diversi tipi di verdure, consigliamo di mettere prima le verdure più dure e successivamente quelle più tenere per portare il tutto a cottura contemporaneamente.
 


L’utilizzo del termopomolo



 

• Lancetta su zona verde …………………… FREDDO

• Lancetta su zona blu ……………………......TIEPIDO

• Lancetta su zona bianca …………………...EBOLLIZIONE

• Lancetta su zona rossa …………………….COTTURA


L’uso del termopomolo nella cottura delle verdure

Dopo aver posato le verdure nella pentola fredda coprite con il coperchio. Quando la lancetta del termopomolo raggiungerà i 30°/40° C circa, ridurre la fiamma sino a che il vapore cesserà di uscire dalla pentola e lasciare cuocere per il tempo necessario. È possibile anche aggiungere all’inizio della cottura un po’ d’acqua o brodo.

L’uso del termopomolo nella cottura delle carni

Coprire la pentola con il coperchio e lasciare che la lancetta del termopomolo raggiunga, in circa quattro minuti, gli 80° C. posare quindi la carne nella pentola facendola rosolare su ogni lato dopodiché rimettere il coperchio. A questo punto abbassare la fonte di calore sino a che la lancetta del termopomolo non avrà raggiunto la zona blu e, sempre a fuoco basso, lasciate che la cottura continui.

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