Sono le fibre disponibili in natura. Dopo il processo di filatura,
in cui le fibre sono unite attraverso torsione del filo, i vari fili
vengono intrecciati tra loro a formare i tessuti (tessitura).
Le fibre naturali più utilizzate sono il cotone, la seta, il lino,
la lana e alcune fibre artificiali e sintetiche.
Le fibre naturali possono essere d’origine vegetale o d’origine
animale.
Quelle d’origine vegetale sono: lino - cotone - canapa - juta -
cocco - ginestra.
Quelle d’origine animale sono: lana - seta - angora - alpaca -
cachemire – vigogna.
FIBRE ARTIFICIALI E SINTETICHE
Le fibre artificiali si ottengono dal trattamento della cellulosa
naturale, ricavate dalle piante, che prima è lavorata, poi viene
filata come fibra tessile in filo continuo o in fiocco. Le principali sono: acetato - cupro - viscosa. Le fibre sintetiche si ottengono per sintesi da idrocarburi; esse
sono filabili in filo continuo o in fiocco, sono costituite per lo
più da microfibre formate da sottilissimi filamenti. Le principali sono: poliammide - elastam - poliestere - acriliche.
La seta è una sostanza secreta dalle ghiandole di alcune specie
d’insetti (e in particolare dalla larva del bombice del gelso, detto
Baco da Seta) in forma di filamento sottilissimo di bava; sottoposta
ad una serie di trattamenti se ne ottiene l’omonima fibra tessile.
Lavorata originariamente dalla Cina, da dove già nella tarda età
greco-romana, la seta era esportata in filo o in tessuto già
confezionato, lungo la cosiddetta via della seta, che attraverso
l’Asia giungeva a Bisanzio e Alessandria; nell’anno 552 d.C. furono
importati in Occidente i bozzoli da due monaci inviati a questo
scopo in Cina da Giustiniano, e da allora la bachicoltura si
sviluppò anche nel Mediterraneo.
La seta è la più nobile, la più morbida e la più fine delle fibre
naturali; fresca d’estate, calda d’inverno. Le sue caratteristiche
principali sono la lucentezza, la leggerezza e la flessibilità.
Il cotone è una fibra naturale vegetale di cellulosa, frutto della
pianta "GOSSYPIUM" il cui fiocco viene raccolto e lavorato per la
produzione del filato utilizzato per i tessuti. È una fibra
antichissima, i cui reperti più antichi risalgono al 5000 a.C. in
Messico, mentre i primi tessuti risalgono intorno al 2300 a.C.
ritrovati in Perù; nel vecchio continente l’India era sicuramente il
paese che più utilizzava questa fibra.
Nel 350 a.C. fu diffuso dall’India in Arabia e Grecia, ed in Europa
fu portato dagli arabi e saraceni intorno al 1000 d.C.
Agli inizi del XVIII secolo, negli USA si sviluppò la coltivazione
del cotone, fino a diventare oggi il maggiore produttore del mondo.
Nel XIX secolo, il cotone fu introdotto in Egitto poiché le
condizioni climatiche e di terreno, permettevano di ottenere una
fibra più lunga di quella prodotta sino allora.
Dalla balla di cotone, attraverso il procedimento di filatura, si
ottiene il filato utilizzato in ordito e in trama per la costruzione
del tessuto.
Secondo il genere di filatura utilizzato per la produzione del filo,
si hanno il CARDATO ed il PETTINATO. Una volta ottenuto il singolo
filo, esso può essere RITORTO: si accoppiano mediante torsione due
fili singoli, ottenendo così un filato più resistente e tenace. Se
il tessuto è fabbricato con filati ritorti sia in ordito sia in
trama si ottiene il DOPPIO RITORTO.
Il cotone più pregiato è quello a fibra lunga (makò): più la fibra è
lunga, più il cotone è lucido e resistente.
Per sua natura il cotone non soffre le alte temperature, assorbe la
traspirazione e non irrita la pelle.
Il cotone egiziano Makò ad oggi viene riconosciuto come il migliore
del mondo.
Il lino è la fibra vegetale più antica del mondo; si ottiene dal
tiglio.
Le prime tracce del lino risalgono a migliaia d’anni fa, quando
veniva utilizzato nell’antichità dagli Egizi, che lo usavano come
materiale sacro per la tessitura degli abiti e l’avvolgimento delle
mummie; si diffuse largamente presso i Greci. I Romani ne estesero
l’uso su tutto l’impero fino ai paesi del Nord Europa.
La migliore qualità del lino viene coltivato in Europa centrale,
altri paesi produttori, però di qualità più scadente, sono gli Stati
Asiatici.
Il lino è elegante, fresco, con un’elevata resistenza all’usura ed
è, inoltre, sano ed igienico particolarmente adatto per lenzuola,
tovaglie, asciugamani, ecc.
La qualità superiore del lino dell’Europa occidentale sono garantite
dal marchio MASTERS OF LINEN. Ogni capo realizzato con tessuti MASTERS OF LINEN permette al
consumatore un acquisto sicuro, contraddistinto da una serie di
garanzie che soddisferanno nel tempo le sue attese.
La lana è una fibra naturale costituita da sostanza proteica
(cheratina), che si ricava dal vello degli ovini o da altri animali;
è destinata per lo più alla confezione di filati e tessuti
attraverso le operazioni di lavatura, cardatura, filatura, tintura e
tessitura.
I sistemi di filatura della lana danno luogo ai filati cardati o
pettinati. Per i cardati si impiegano le lane più corte (che in
genere sono anche le più fini). Le lane per filati pettinati sono
quelle più lunghe. Nessuna fibra può conferire ai tessuti il pregio estetico, la mano
morbida e nervosa, il calore della lana e il pregio della non facile
infiammabilità.
L’acciaio è una lega derivante dal ferro ed ha una percentuale di
carbonio che non supera l’1.7%. Possiede ottime caratteristiche
meccaniche e tecnologiche che ne fanno il materiale più usato
nell’industria meccanica. Le qualità dell’acciaio possono essere
migliorate aggiungendo alla lega altri componenti in modo da
renderlo resistente agli agenti atmosferici che ne provocano
l’ossidazione (ruggine). L’inossidabilità è una caratteristica utile
quando il materiale non può essere difeso con altri sistemi come la
verniciatura o la cromatura. E’ il caso delle nostre pentole e delle
nostre posate che si possono conservare inalterate per lungo tempo
pur subendo lavaggi quotidiani. L’acciaio inossidabile si ottiene
unendo al ferro e al carbonio una certa quantità di altri materiali
quali il cromo (18%) e il nichel (10%), da cui il nome che
contraddistingue questa diffusissima lega inossidabile, acciaio inox
18/10.
La pelle è il rivestimento esterno di animali, mammiferi e non, ed
è formato da tre strati sovrapposti: l’epidermide, il derma e
ipoderma. Lo strato che si usa per trasformare la pelle in cuoio è
il derma. Dal punto di vista merceologico le pelli si suddividono in
tre grandi categorie; scamosciati, nappe e shearling. Si definiscono
scamosciati o anche rovesciate le pelli lavorate dalla loro parte
interna, vale a dire dalla parte della carne. Le nappe sono le pelli
lavorate dalle parti esterne dell’animale solo dopo averle "slanate"
di pelo e di conseguenza la pelle resta liscia. Le pelli di
shearling sono agnelli o montoni conciati e lavorati nei due lati
lasciando la lana alla pelle, infatti, viene chiamata anche
double-face. Per la pelle avere dei difetti è naturale, quindi
alcune imperfezioni quali leggere venature, macchie o segni quando
non modificano né la resistenza, né la durata, confermano l’origine
naturale di questa materia. Queste imperfezioni non si potranno mai
eliminare a patto che non si ricorra a processi di lavorazione molto
sofisticati che snaturerebbero il prodotto con il conseguente
aumento del prezzo.
La porcellana è il materiale ceramico più pregiato. Essa è di un
bianco brillante non solo alla superficie ma anche nell’impasto
interno. Pur non essendo trasparente, la porcellana viene definita
traslucida, cioè lascia passare la luce; infatti, se mettete una
mano dietro un piatto di porcellana controluce, riuscirete a vedere
la forma delle vostre dita. Il materiale con cui viene fabbricata la
porcellana, ha bisogno di una temperatura di cottura superiore agli
altri tipi di ceramiche. E’ molto resistente agli agenti chimici, è
dura, impermeabile ai liquidi e ai gas e viene utilizzata
prevalentemente per apparecchi igienico-sanitari ed oggetti di
pregio.
Il cristallo è un materiale derivante dal vetro, ma si differenzia
da quest’ultimo perché è a base di silicato di piombo. Il cristallo
è pesante, sonoro, brillantissimo e molto rifrangente. Il cristallo
di Boemia o mezzo cristallo è a base di potassio e le sue qualità
sono la lucentezza, la brillantezza e la leggerezza. Il vetro è la
base di questi due tipi di cristalli ed è uno dei materiali più
comuni e diffusi. La sua diffusione si spiega facilmente qualora si
considerino le sue proprietà: è trasparente, viene agevolmente
lavorato, non viene attaccato dalla maggior parte degli agenti
chimici, non colora e non attacca i cibi conservati, si pulisce con
facilità, non assorbe odori, è totalmente impermeabile e il suo
costo è abbastanza contenuto. Dalla lavorazione di questo materiale
possiamo ottenere tanti tipi di vetro. Tra i tanti abbiamo il vetro
comune per bicchieri, lastre per finestre, barattoli, specchi comuni
ecc.. Il cristallo di Boemia per servizi da tavola, lampadari, bulbi
per termometri ecc.. Il cristallo per oggetti di pregio, servizi da
tavola, vetri per ottica ecc.. Il vetro infrangibile per bicchieri,
lastre ecc., e gli smalti che si usano per ricoprire porcellane,
metalli ed anche altri vetri.
I capi di biancheria, anche molto pregiati, si lavano
necessariamente in acqua, lasciandoli a lungo in ammollo, perché le
macchie si ammorbidiscano. Si lavano poi in lavatrice, che è molto
più delicata del lavaggio a mano. Per i capi delicati e preziosi è
da escludere la centrifuga. Se rimane qualche macchia (e il capo è
bianco) si passa uno straccino imbevuto di tre parti di acqua e uno
di candeggina sul capo ben bagnato, tamponando per cinque minuti al
massimo. Si ripete il lavaggio subito dopo.
PER I MERLETTI: lasciare a lungo in ammollo, lavare a mano, non
strizzare, ma avvolgere in un asciugamano e tamponare delicatamente
l’eccesso d’acqua. Usare la candeggina con gran prudenza: tamponare
appena un attimo e poi risciacquare abbondantemente.
STOFFE ROBUSTE: possono essere lavate a 60°, mentre per quelle
sottili è preferibile non superare i 40°.
CAPI STAMPATI: meglio non superare i 40°, per mantenere i colori
inalterati nel tempo.
CAPI INGIALLITI: non resta che rimediare con
il perborato e l’acqua caldissima (anche 90° per i tessuti bianchi e
robusti, non oltre 60° per gli altri). Il perborato cancella anche
le macchie vecchie che tendono a "rifiorire" nei capi lasciati
troppo a lungo nel cassetto. Per evitare l’ingiallimento, in ogni
modo, è molto semplice: usate tutti i vostri a rotazione almeno un
paio di volte l’anno e resteranno sempre freschi.
Quando il capo non è bianco la candeggina è sconsigliabile. Meglio
provare con rimedi classici e "trucchi" delle nonne…
Mettere il capo in ammollo il prima possibile: tutte le macchie si
possono eliminare, mentre diventa molto più difficile quando si sono
asciugate. Se si usano smacchiatori chimici specializzati è bene
fare una prova in un angolo, per saggiare la reazione del tessuto e
del colore.
STRIATURE DA FERRO DA STIRO: acqua ossigenata, eventualmente
aggiunta con un po’ d’ammoniaca.
BIBITE: eliminare con acqua tiepida la componente zuccherina ed
intervenire con alcool sui residui.
CACAO - CIOCCOLATO: per macchie fresche usare acqua molto calda,
mentre per macchie secche, ammorbidire con glicerina e sciacquare
con acqua e alcool mescolati.
CAFFE’ - THE’: ammorbidire la macchia se necessario con glicerina,
quindi lavare con acqua tiepida addizionata ad un po’ di ammoniaca.
CERA DI CANDELA: mettere il tessuto tra due fogli di carta
assorbente e stirare. Il residuo si pulisce con trementina o
benzina.
ERBA - FIORI: due parti d’alcool ed uno d’ammoniaca, strofinando
leggermente con una pezzuola.
GRASSO: strofinare con pasta prelavaggio e far agire qualche ora.
LATTE - PANNA - GELATO: lavare in giornata, senza lasciare che la
macchia si secchi. Se succede, provare con ammoniaca (diluita in
acqua per tessuti delicati).
MUFFA: ammollo di 24 ore e successivo lavaggio.
SUGO: la pura macchia di pomodoro, senza grassi, si toglie con acqua
e ammoniaca,il grasso in ogni modo si scioglie in acqua e sapone.
Se una macchia è vecchia si tratta come quelle delle erbe.
UOVO: acqua e sapone.
VINO - FRUTTA: se non si può candeggiare, strofinare la macchia con
sale e limone, ma soprattutto intervenire con un lavaggio nella
giornata.
ZUCCHERO - LIQUORI: acqua e sapone (e molta pazienza se la macchia è
vecchia, perché è necessario un lungo ammollo).
Un corretto lavaggio in lavatrice senza centrifuga è la premessa per
una facile stiratura. Questo particolare è importante per le
tovaglie che hanno bisogno di una stiratura impeccabile per sembrare
sempre come nuove.
Dopo aver estratto il capo dalla lavatrice, si lascerà sgocciolare
il più possibile steso per qualche decina di minuti, un’ora al
massimo. Le tovaglie vanno stirate completamente stese ed aperte,
senza piegarle, finché non sono completamente asciutte. In questo
modo il vapore non serve mentre può essere utile un po’ d’appretto
spray alla fine, soprattutto per i tessuti di cotone.
Lino, misto lino, organdis devono essere stirati bagnatissimi per
ottenere buoni risultati. Gli altri capi lenzuola, asciugamani e
centri possono essere anche solo umidi, ma in questo caso è
necessario il vapore. Tutti i capi si stirano tassativamente dal
rovescio perché il tessuto non diventi lucido e perché le spugne
mantengano morbidezza.
La biancheria non si può profumare col profumo, che la macchia ed è
inadatto. La lavanda è perfetta per lenzuola e asciugamani ma per le
tovaglie non va assolutamente bene. Meglio qualche antica ricetta
realizzata con spezie ed aromi utilizzati anche in cucina, come il
cardamomo o le bucce secche d’agrumi, per una biancheria raffinata
anche nel suo tenue e "appetitoso" profumo.
Attrezzare l’armadio (o gli scaffali destinati alla biancheria)
andranno foderati di carta, preferibilmente lavabile, in modo da
mantenere facilmente la più rigorosa pulizia.
La biancheria deve essere opportunamente divisa: tavola, bagno,
letto.
Si divideranno anche i capi di maggior utilizzo da quelli destinati
ad occasioni speciali.
I capi usati poco frequentemente possono essere possono essere
avvolti in carta velina, per proteggerli dalla polvere e
dall’ingiallimento.
I tovaglioli di una stessa tovaglia vanno usati tutti a rotazione,
per non trovarsi, dopo qualche tempo, con un mix di pezzi vecchi e
nuovi.
Un trucco è di riporre i tovaglioli appena lavati di sotto alla
pila, in modo da non usare sempre gli stessi. I tovaglioli di un
servizio che si usa raramente, vanno in ogni caso lavati tutti
(anche quelli non usati) per mantenere il completo sempre fresco.
Non esistono delle regole universali in quanto il trattamento
dipende molto dalla qualità delle pelli, dalle loro caratteristiche
e dal modo in cui l’operazione di pulitura viene effettuata. In
linea di massima, poiché la pelle subisce dei trattamenti con
sostanze chimiche diverse per essere tinta e rifinita, l’uso
casalingo di smacchiatori e pulitori è sconsigliabile in quanto si
possono verificare reazioni che rovinerebbero il capo. Per un
leggero sporco di unto, nelle pelli scamosciate è possibile
intervenire con della gomma para o finissima carta-vetro. Nel caso
di pioggia è consigliabile lasciarlo asciugare lontano da fonti di
calore, almeno per una giornata, e poi spazzolarlo accuratamente.
Per i capi in nappa e per i montoni, effettuare la stessa operazione
ma spazzolarlo con un panno asciutto e pulito. Mentre, per puliture
di una certa importanza si consiglia di rivolgersi esclusivamente a
ditte effettivamente specializzate nel lavaggio e nella pulitura, ed
infine per un’ottima conservazione si consiglia di non riporre il
capo sotto una copertura in nylon, ma in sacchi di tela e
possibilmente a temperatura ambiente.
Ciascun pezzo è costruito con il miglior acciaio inox, materiale che
soddisfa al massimo le esigenze di durata, di lucidatura
inalterabile e di facile pulizia. Alcune "regolette" da seguire per
esaltare tutte queste qualità: tenete la fiamma limitata al fondo
rinforzato; mettete il sale a caldo, vale a dire quando l’acqua è
bollente, così non intaccherete l’acciaio; alcune cotture lasciano
una venatura bluastra sulle vostre pentole, quindi passatele allora
con aceto o succo di limone.
Il primo lavaggio: prima dell’uso vi consigliamo di lavare tutti
gli elementi con acqua calda e sapone, risciacquare sempre con acqua
calda, asciugate e ripassate una pezzuola imbevuta di aceto e
risciacquate nuovamente con acqua calda.
La manutenzione: ricordatevi di non utilizzare spazzole di
metallo, coltelli o altri abrasivi poiché potrebbe rovinarsi la
lucentezza dell’acciaio. Per rimuovere le incrostazioni utilizzare
unicamente spugne di tipo sintetico.
Consigliamo il lavaggio subito dopo l’uso oppure, se effettuato in
seguito, riempite l’elemento di cottura di acqua e portatela ad
ebollizione unitamente ad un po’ di detersivo. I residui si
distaccheranno da soli.
Le macchie bianche dovute all’acqua molto calcarea possono essere
facilmente tolte utilizzando qualche goccia di aceto o limone.
Attenzione a non versare dell’acqua fredda sugli elementi bollenti,
inoltre la fiamma non deve in nessun caso oltrepassare il fondo
della casseruola poiché la maniglie sono molto resistenti al calore
ma non alla fiamma diretta.
Grande risparmio nella cucina tradizionale
Le nostre pentole garantiscono qualsiasi tipo di cottura e su
qualsiasi fonte di calore perché è possibile ridurre al minimo la
fiamma in quanto il fondo ad accumulazione termica consente la
distribuzione della temperatura uniformemente e con un grande
risparmio energetico.
Ricordiamo che un eccesso di condimenti, pur dando grande
soddisfazione al palato, può risultare dannoso alla salute ed alla
"linea".
Pertanto con i nostri elementi di cottura sono possibili anche altri
tipi di cottura dietetica, mantenendo o addirittura arricchendo il
sapore dei cibi, consentendo un’alimentazione più equilibrata e
salutare.
Per qualsiasi tipo di cottura è buona norma non surriscaldare mai i
cibi, per non distruggere il loro contenuto vitaminico, pertanto
bisogna tenere la fiamma bassa e badare che la stessa non fuoriesca
dal fondo dell’elemento di cottura.
La cottura dietetica
Per cucinare in modo corretto la tecnologia ci è venuta in aiuto
progettando e costruendo un nuovo sistema di cottura che risponde al
nome di: cottura senz’acqua e senza grassi.
Senz’acqua
Cucinare senza l’aggiunta di acqua significa utilizzare tutta
l’umidità naturale contenuta negli alimenti.
È evidente quindi che la cottura senz’acqua è indicata per le
verdure fresche come i cavolfiori, la cicoria, gli spinaci ecc.
Occorre pertanto mettere la verdura lavata e mondata in una pentola
fredda, facendo attenzione a non riempirla oltre i 2/3 della sua
capienza, coprite e mettetela sulla fonte di calore badando che
quest’ultima non superi il fondo della pentola stessa.
Controllare dopo circa cinque minuti la temperatura nel seguente
modo: appoggiate il palmo della mano sul coperchio e quando sarà
caldo al punto da non poterlo tenere appoggiato, abbassate la fonte
di calore al minimo e continuate la cottura per il tempo necessario.
Non bisogna disperdere il vapore contenuto nella pentola alzando
ripetutamente il coperchio durante la cottura. Se questo risultasse
necessario occorre reintegrare l’umidità fuoriuscita aggiungendo uno
o due cucchiai di acqua calda.
È importante ricordare che la cottura senza l’aggiunta d’acqua
permette di conservare integralmente il contenuto nutritivo ed
aromatico dei cibi, pertanto il sale da cucina andrà aggiunto con
molta parsimonia. Bisogna ugualmente ricordare che il sale estrae
l’umidità dagli alimenti, ragione per cui è preferibile salare prima
se si desidera la formazione di una salsina sul fondo della pentola,
oppure a cottura ultimata se si desidera che il cibo mantenga in se
l’umidità naturale.
Senza grassi
Cucinare senza grassi significa sfruttare le parti di grasso che
normalmente si trovano in ogni tipo di carne senza ricorrere
all’aggiunta di altro condimento.
Mettere la pentola vuota sul fuoco completa di coperchio, lasciarla
scaldare a fuoco moderato facendo attenzione che la fonte di calore
non superi la dimensione del fondo.
Dopo quattro minuti circa controllare la temperatura lasciando
cadere alcune gocce d’acqua sul fondo della pentola. Se le gocce
frusciando si dividono in tante goccioline significa che la pentola
è pronta per la cottura.
A questo punto mettere il pezzo di carne nella pentola, normalmente
a primo contatto con il fondo caldo la carne tenderà ad attaccarsi:
lasciatela arrostire così senza cercare di staccarla con la
forchetta, dopo due o tre minuti si staccherà facilmente e si potrà
rosolarla dagli altri lati.
A rosolatura effettuata, coprite la pentola e riducete al minimo la
fonte di calore proseguendo la cottura per il tempo necessario.
Bisogna sapere che il contatto con il fondo della pentola provoca
alla carne la chiusura dei pori superficiali evitando la perdita dei
succhi che così rimangono imprigionati all’interno della medesima.
È importante ricordare che il sale toglie l’umidità dai cibi, è
quindi opportuno salare prima se si vuole ottenere la formazione di
un sughetto sul fondo della pentola oppure a fine cottura se
vogliamo che i succhi rimangano all’interno della carne.
Per alimenti particolarmente teneri e sottili, dopo aver rosolato, è
possibile procedere a fuoco spento poiché il fondo ad accumulo
termico continuerà a diffondere un calore sufficiente per il termine
della cottura.
La carne congelata non ha bisogno di essere decongelata prima della
cottura.
La cottura a vapore
È particolarmente indicata per cucinare delicatamente gli alimenti
poveri di grassi, come pesci ed alcune varietà di carni, e per
legumi, patate, cereali, verdure tenere ecc.
Per questo tipo di cottura la conduzione del calore è data dal
vapore generato da un liquido in ebollizione (acqua o brodo) oppure
da una pietanza che è in cottura.
Gli elementi di cottura da utilizzare, per trasformare le vostre
pentole in vere e proprie "couscoussiers", possono essere:
•Una casseruola, una griglia e una campana;
•Una casseruola, il colacuoci ed un coperchio;
•La casseruola ovale, la relativa griglia e la campana.
La scelta della combinazione più adatta dipende dalla dimensione e
dalla quantità di cibo da cuocere.
L’esecuzione della cottura a vapore è molto semplice. Sia per le
carni che per i pesci, potete pertanto procedere nel seguente modo:
ponete nella casseruola un liquido da portare ad ebollizione,
aromatizzato e condito secondo ricetta; inserite in seguito la
griglia per la cottura a vapore sulla quale potrete disporre di un
fondo di erbe aromatiche o di legumi (per i pesci potrete usare erba
cipollina, cerfoglio, dragoncello, prezzemolo o alghe e per le carni
carote, prezzemolo sedano o finocchi che poi servirete come
contorno).
Ad ebollizione iniziata disponete il trancio di pesce o il pezzo di
carne salati, coprite usando la copertura appropriata e portate a
cottura.
Il tempo varia dai 15 minuti per la cottura di un’aragosta ai 40
minuti per il pollo. Per cuocere le verdure coprite il fondo della
casseruola con acqua o brodo che porterete ad ebollizione, quindi
inserite la griglia o il cuocivapore con le verdure mondate e ben
lavate, coprite e lasciate cuocere il tempo necessario.
Nel caso di diversi tipi di verdure, consigliamo di mettere prima le
verdure più dure e successivamente quelle più tenere per portare il
tutto a cottura contemporaneamente.
L’utilizzo del termopomolo
• Lancetta su zona verde …………………… FREDDO
• Lancetta su zona blu ……………………......TIEPIDO
• Lancetta su zona bianca …………………...EBOLLIZIONE
• Lancetta su zona rossa …………………….COTTURA
L’uso del termopomolo nella cottura delle verdure
Dopo aver posato le verdure nella pentola fredda coprite con il
coperchio. Quando la lancetta del termopomolo raggiungerà i 30°/40°
C circa, ridurre la fiamma sino a che il vapore cesserà di uscire
dalla pentola e lasciare cuocere per il tempo necessario. È
possibile anche aggiungere all’inizio della cottura un po’ d’acqua o
brodo.
L’uso del termopomolo nella cottura delle carni
Coprire la pentola con il coperchio e lasciare che la lancetta del
termopomolo raggiunga, in circa quattro minuti, gli 80° C. posare
quindi la carne nella pentola facendola rosolare su ogni lato
dopodiché rimettere il coperchio. A questo punto abbassare la fonte
di calore sino a che la lancetta del termopomolo non avrà raggiunto
la zona blu e, sempre a fuoco basso, lasciate che la cottura
continui.